Davide Bonazzi illustratore freelance nato e cresciuto a Bologna ha studiato allo IED di Milano e all’Accademia di Belle arti di Bologna. Il suo stile gioca con la sintesi di temi complessi, dando all’immagine una forte connotazione narrativa. Il suo lavoro unisce ricerca digitale e analogica ed è stato riconosciuto dalla Society of Illustrators di New York, American Illustration, Bologna Children’s Book Fair, ha lavorato per The New York Times, The Wall Street Journal, UNESCO, Wired e tantissimi altri.
Come hai passato capodanno e che cosa rappresenta per te la fine di un anno e l’inizio di uno nuovo?
L’ho passato in casa con la mia compagna, tra brindisi e video chiacchiere con i nostri amici. È stato un capodanno diverso dagli altri. La fine dell’anno per me è sempre tempo di bilanci e rappresenta un capitolo che si chiude, mentre vivo il nuovo anno come un libro ancora tutto da scrivere. Faccio molti buoni propositi, che poi tendo a ridimensionare intorno al 15 gennaio…
Gennaio 2021 coincideva con il lancio del tuo calendario per Internazionale, rivista con la quale collabori ormai in pianta abbastanza stabile da tempo, com’è partita l’idea e quanto lavoro ti ha richiesto realizzare non una ma ben 12 tavole?
La proposta è arrivata dal direttore Giovanni De Mauro intorno ai primi di settembre dell’anno scorso, ne sono stato molto felice. Mi è stata data praticamente carta bianca sui soggetti e ho avuto modo di sbizzarrirmi in fase di bozzetti. Questo potrebbe far pensare che sia stato un lavoro di assoluto relax, e invece… Quando ho ampi margini di libertà finisco per complicarmi la vita da solo fra decine di variazioni, prove colore, modifiche di piccoli dettagli. Così quella che sembrava una tranquilla passeggiata in collina si trasforma in una scalata del K2 a mani nude! Scherzi a parte, è un progetto che ho sentito “mio” fin da subito e che ho cercato di curare nei minimi dettagli.
Che tipo di approccio hai avuto ad un calendario che negli anni scorsi è stato disegnato da mostri sacri del disegno italiano come Mattotti, Matticchio, Zerocalcare, Shout? Avevi qualche timore o al contrario eri stimolato al massimo?
Entrambe le cose! Sono un grande fan del calendario di Internazionale, credo di avere conservato tutte le annate a partire da quella di Shout del 2013. Il mio approccio è stato innanzitutto quello di creare qualcosa di divertente e piacevole, e per fare questo ho cercato di divertirmi io stesso, lasciandomi andare senza pensare troppo a quello che avevano fatto i miei illustri predecessori. Anche se in alcuni momenti il loro esempio è stato prezioso per non perdere il senso di quello che stavo facendo.
I dodici i mesi del calendario











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Ognuna delle 12 tavole rispecchia l’anima del mese che sta raccontando, qual è stata la più facile/immediata da realizzare e quale la più “difficile”?
La più spontanea è stata probabilmente quella di marzo. Trovo che si adatti bene anche al particolare momento storico che stiamo vivendo, dopo tanti mesi di limitazioni mi è venuto istintivo pensare a un bruco che dal chiuso della sua cameretta non vede l’ora di trasformarsi in farfalla e volare via.
L’ideazione delle immagini autunnali è stata più impegnativa, sebbene io ami questa stagione. Il rischio era di creare qualcosa di troppo malinconico, poco in linea con lo spirito delle altre tavole.
Che effetto fa sapere che per tutto l’anno tantissime persone gireranno la pagina del tuo calendario appeso in cucina? Ogni 1° del mese sarà una sorta di inaugurazione?
Fa uno strano effetto sapere che questo oggetto può entrare in una sfera molto privata delle persone come le pareti di casa, o magari negli studi e negli uffici di colleghi e clienti. Questa è stata una cosa che ho dovuto tenere presente fin dall’inizio della lavorazione e che ha influenzato inevitabilmente il mio approccio al progetto: volevo che ognuna di queste immagini non venisse a noia e mantenesse una certa freschezza se tenuta bene in vista per quattro settimane consecutive. Così ho lavorato sull’ironia e sulla leggerezza dei soggetti, con qualche twist concettuale per rendere le immagini più inaspettate. Riguardo ai colori, inizialmente pensavo di applicare una palette limitata e ricorsiva, come avrei fatto con le tavole di un libro illustrato, ma poi ho deciso per la soluzione opposta, cioè assegnare a ogni illustrazione un colore distintivo. Questo per spezzare la continuitàà fra i vari mesi dell’anno, enfatizzando il senso di cambiamento da un mese all’altro e mantenendo l’effetto sorpresa quando si volta pagina. Ne approfitto per ringraziare le tantissime persone che mi hanno sommerso di commenti entusiasti! Sembra che ognuno si identifichi con il soggetto del proprio mese preferito e questo mi fa un gran piacere.
Il tuo mese preferito?
Dicembre! Amo le luci natalizie in città e non potevo non rendere loro omaggio nella tavola conclusiva.